domenica 9 dicembre 2007

Speciale sicurezza


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Per comunicare con i pubblici difficili
I bambini sono incidentosi più degli adulti, gli adolescenti sono nell’età dell’incoscienza e i giovani in quella della sottovalutazione del pericolo. Dobbiamo rassegnarci? No, anche perché una coscienza sociale, oggi certamente più matura, pretende che per la sicurezza (tutta la sicurezza: a casa, a scuola, sul lavoro, allo stadio, in discoteca, sulla strada) si faccia di più in termini di informazione, di sensibilizzazione, di formazione, di controlli, di normative, di sanzioni ai responsabili. Per quanto riguarda gli infortuni sul lavoro, nell’ultimo anno sono state approvate norme fondamentali per migliorare prevenzione e controlli. Ma non basta. Occorre una cultura che ci renda cittadini attenti alla prevenzione prima ancora che lavoratori e datori di lavoro consapevoli delle esigenze di sicurezza. E per stimolare e radicare questa cultura la comunicazione sociale deve fare scelte coerenti con il pubblico di riferimento: i giovani hanno un proprio linguaggio e spesso non riconoscono (alla lettera) i messaggi confezionati da comunicatori e pubblicitari che, per età e codici linguistici, sono fuori target. Quegli spot “forti e traumatici” sulla dipendenza dalla droga, sull’abuso di alcolici, sulla inosservanza delle norme di sicurezza, aggravano soltanto l’ansia della generazione dei genitori e lasciano quasi indifferenti i giovani; oppure scatenano un perverso spirito emulativo in una fascia d’età nella quale troppo spesso si è convinti di dominare il rischio, qualsiasi rischio. Inoltre quegli spot girano sul medium televisivo, poco amato dai nostri figli che privilegiano invece Internet e la modalità Web 2. Una strada praticabile è quella di chiamare lo stesso pubblico di riferimento a contribuire all’individuazione dei contenuti e delle modalità del messaggio (User Generated Content). Nasce così il manifesto ideato per Inail da Solange Pasquettaz, una ventenne valdostana, che invertendo la logica prevalente e “adulta” del messaggio sulla mancata sicurezza (quattro morti al giorno…, la strage quotidiana…, il bollettino di guerra…) gira il casco simbolo, che diventa una culla, e grida con successo ai suoi coetanei e non solo, che “la sicurezza è vita”!
di Marco Stancati *


* Responsabile della Comunicazione Inail e docente di “Pianicazione dei Media” alla SAPIENZA di Roma

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