giovedì 21 aprile 2011

Amato: meglio le quote colte delle quote rosa.

Meglio le quote colte delle quote rosa È uno dei passaggi dell’intervista di Giuliano Amato, presidente dell’Enciclopedia Italiana Treccani, rilasciata a Myrta Merlino per Effetto Domino che andrà in onda, questa sera, giovedì 21 aprile 2011, su La7.

Secondo il professore, fino a quando la classe politica faceva parte del ceto culturale era diverso (…). Ora si è creata una certa distanza dalla cultura, quindi – conclude Amato –servirebbero non le quote rosa, ma le quote colte.

Sebbene l’ex Presidente del Consiglio ammetta l’esistenza di una democrazia malata, vorrei fargli osservare che l’introduzione delle quote rosa potrebbe rappresentare per il nostro Paese, l’unico strumento obiettivo e trasparente, in grado di favorire l’ingresso delle donne nei ruoli chiave della società. La spiegazione è abbastanza semplice e deriva dal fatto che le quote rosa si fondano su indicatori standard che contemplano solo due variabili, uomini/donne; mentre, al contrario, le “quote colte” sarebbero comunque oggetto di scelte discrezionali, in quanto svincolate da parametri standard di valutazione, ma agganciate ai soliti meccanismi clientelari tipici della nostra società italiana e della classe politica.
Quello che, dunque, ci dovrebbe spiegare il prof. Amato è quale organismo e attraverso quali criteri di valutazione misurare il grado di conoscenza necessario per far parte della classe politica? Forse il possesso di una laurea sarebbe sufficiente? Ma come stabilire l’attendibilità di una laurea soprattutto oggi che sono molti i politici che dichiarano di esserne in possesso e, nonostante piovano le continue smentite, rimangono lì, agganciati alle loro poltrone? L’esempio recente del copygate che ha coinvolto il ministro della Difesa tedesco Karl-Theodor zu Guttenberg costretto a rassegnare le dimissioni per aver copiato la tesi del dottorato, non ha di certo scosso la coscienza dei nostri politici. Inoltre, come è possibile parlare di quote colte in un Paese insensibile alla ricerca e al lavoro intellettuale?

Caro Prof. Amato, sebbene non sia mai stata una grande sostenitrice delle quote, sono consapevole che l’introduzione di tale meccanismo potrebbe creare un circolo virtuoso sviluppando un tasso di domanda talmente alto tanto da superare l’offerta “clientelare” presente oggi sul “mercato”. Ciò consentirebbe l’ingresso nelle posizioni chiave delle società non solo delle donne, ma anche di quelle figure maschili meritevoli, fino adesso escluse da tali opportunità perché non agganciate a nessun filone clientelare. Forse è questa l’unica strada da percorrere per cercare di annientare un sistema che vive di cooptazione e che si autoalimenta, in cui la meritocrazia è solo uno slogan: aumentare la domanda per superare l’offerta “ad personam”; soddisfare la quota residua di domanda attraverso profili professionali colti, meritevoli, eccellenti di uomini e donne. Sono convinta che prima o poi qualcosa cambierà.

venerdì 8 aprile 2011

Sei gradi di separazione, una riflessione sull’opportunità di crescita nella sfera professionale

Partire dal presupposto che nella vita non bisogna mai dare niente per scontato è sempre stato il mio punto fermo. Tutto quello che ho fatto, le varie esperienze maturate, significative e non, hanno rappresentato gli ingredienti essenziali della mia valigia culturale che mi hanno accompagnato, e mi accompagnano ancora oggi, nella crescita personale e professionale. Questo per dire che nella vita nulla è impossibile: è sufficiente una buona dose di caparbietà e ottime capacità nel saper sfruttare le esperienze acquisite per raggiungere nuovi obiettivi. Se poi siamo abili a mettere in relazione i nostri strumenti con la rete sociale, il gioco è fatto. Perché è proprio la rete sociale a sollecitare le opportunità che la vita ci propone. È grazie alla rete che la strada da percorrere per raggiungere la meta improvvisamente si accorcia.
L’idea non è nuova, ma riprende a pieno titolo la teoria "SEI GRADI DI SEPARAZIONE" elaborata dal sociologo Stanley Milgram  (’67), secondo la quale all’interno della società, per quanto immensamente grande, possiamo muoverci velocemente seguendo i contatti sociali fra una persona e l’altra. La società è una rete composta da miliardi e miliardi di persone (i nodi) dove la distanza tra un nodo e l’altro non è superiore a sei link. Per essere connessi con il resto del mondo basta pochissimo, poco più di un contatto sociale per ogni individuo. E poiché tutti, tendenzialmente, conosciamo ben più di una persona, vuol dire che facciamo parte di una rete gigantesca che chiamiamo Società. La teoria di Milgram sostiene che non siamo tutti connessi, ma che comunque viviamo in un mondo dove per connettersi bastano poche strette di mano. Viviamo cioè in un mondo piccolo. Il nostro mondo piccolo è la nostra società, una ragnatela molto fitta. Questo per dirvi, e con questo concludo, che per arrivare alla meta, per affermarsi nel mercato del lavoro, è necessario fare rete, scalare tutti i 6 link che ci separano dal nostro traguardo. Io sono arrivata a metà strada, al mio terzo link. E voi?

Martin Luther King diceva «cercate ardentemente di scoprire a cosa siete chiamati, e poi mettetevi a farlo appassionatamente. Questo limpido sguardo in avanti, verso la realizzazione di sé, è la lunghezza della vita umana»