sabato 20 dicembre 2008

¡Feliz año nuevo!

Año nuevo
Por Cristina Sanna

Que todos mi deseos se cumplan. Que todo el mundo se ir satisfecho por haber logrado cumplir lo que aspiraban. Que solo los deseos que tienen buenos sentimientos sean realidad. Que los deseos malos se conviertan en polvo.
Que mi hijo siga navegando por la adolescencia con amores contrariados y sin heridas mortales. Que mis padres cumplan mucho más. Que mi marido siga viajando sin peligro. Que mis amigos quieran seguir siendo mi familia y que mi enemigos se olviden de nosotros.
Que acabe de conseguir el trabajo de mi vida y que siga escribiendo. Que mis apasionados lectores sigan leyendome.

Que los jóvenes descruban la pasión por la politíca. Que los politicos corruptos dejen el puesto a las generaciones futuras. Que los politicos oxidados se jubilen y que reciban una pensión de ancianidad sin privilegios. Que todo el mundo reciba la pensión cuando termine el tiempo de trabajar. Que los jóvenes quieran recuperar el tiempo perdido. Que los jóvenes sean más curiosos de aprender, conocer y leer.

Que termine la corrupción. Que la casta se debilite. Que el dinero público sea mejor invertido en viviendas, transporte público, sanidad y cultura. Que la deuda público desapazca. Que los empleados públicos sean más responsables. Que se permita el despido contra los que no hacen nada. Que se introduzca el despido en las oficinas públicas. Que se cierren las universidades que han regalado a sus estudiandes, en cambio de dinero, los exámenes. Que todos lo que han recibido estos regalos se queden en casa.

Que los medios de comunición sean más imparciales. Que la información sirva para lograr la plena democracia. Que la programación de las cadenas de televisión deje de dar verguenza ajena. Que los periódicos difundan una cultura de la realidad. Que se recuerde a Gabriele Sandri, para que a la injusticia tremenda de su muerte no se sume el crimen inconcebible de otras muertes iguales. Que el fútbol sea más jocoso y gozoso.

Ahora, para los más perezosos, quiero escribir 12 deseos para la nochevieja[1], para cuando se come un uva por cada toque de campana y con la última, se entra en el nuevo año.

1) Que se abola en todo el mundo la pena de muerte
2) Que no se abondonen más a los niños
3) Que los niños vuelvan a jugar con los jueguetes y que dejen de jugar, por siempre, con los videojuegos
4) Que las guerras y las guerrillas terminen;

5) Que se realice la paz en el mundo.
6) Que se encuentren los medicamentos para curar la enfermedad más grave de nuestro tiempo;
7) Que no se conozcan nuevas enfermedades;
8) Que a los probres le toque la loteria

9) Que termine el hambre en el mundo, la violencia sexual infantil y la violencia sobre las mujeres
10) Que se libere a todos los secuestrado
11) Que este mundo deje de dar miedo
12) Que se desarrolle una vida mejor para todos


[1] En España la tradición de Nochevieja más extendida es la de las doce uvas, que tuvo sus orígenes en Alicante, en 1909, año en el que unos viticultores alicantinos la iniciaron para dar salida a un excedente de cosecha. Consiste en comerse una uva cada campanada que da el reloj a las 12 de la noche el día 31 de diciembre.
Se dice que quien no coma las 12 uvas antes de que terminen las campanadas tendrá un año de mala suerte.
Cada ciudad de España tiene un lugar particular para recibir el Año Nuevo. El más conocido e importante es la Puerta del Sol en Madrid. Allí se reúnen miles de personas frente a un reloj centenario. Despues de las 12 campanadas ya en el año nuevo es muy común felicitarse el año con todos los familiares de la cena y llamar a todos los que están fuera. Despues se brinda con champán, cava o sidra.
Este evento se retransmite en directo por la televisión. Los españoles desde sus casas esperan el momento de la primera campanada para comer las doce uvas, 36 segundos antes de la medianoche. Se come una uva cada tres segundos, una por cada campanada. Previamente, antes de las campanadas, baja una bola metálica del reloj y suenan cuatro cuartos (que algunas personas confunden con el inicio de las campanadas).

En la Nochevieja de 1989, la locutora de Televisión Española Marisa Naranjo se equivocó y anunció como cuartos lo que eran en realidad ya las campanadas. De esta forma, involuntariamente, dejó a todos los españoles sin poder tomar las uvas. Al día siguiente, la noticia apareció en todos los medios de comunicación. Hoy en día, aún se recuerda ese famoso gazapo televisivo.

Insegnare la letteratura italiana e straniera in un'ottica di genere

In occasione dell'incontro di aggiornamento per docenti "Insegnare la letteratura italiana e straniera in un'ottica di genere" che si è tenuto a Roma lo scorso 16 dicembre presso la Biblioteca comunale Rugantino, Laura Silvestri, Presidente del Comitato per le Pari Opportunità di Tor Vergata, è intervenuta evidenziando la stretta relazione tra disciplina letteraria e genere femminile.

I primi a far emergere questa affinità, dice la Presidente, furono letterati e scrittori come Diderot, Balzac e Becher. La Silvestri, venne "folgorata sulla via di damasco" quando riprese in mano il famoso romanzo Madame Bovary di Gustave Flaubert. Fu allora che decise di dedicarsi allo studio della letteratura di genere. Perchè, quindi, parlare di questa disciplina in un'ottica di genere? Sicuramente, fa notare la Presidente del Cpo, perchè è il primo campo in cui la donna si afferma. Ma anche, aggiunge con un pizzico di ironia, per sfatare "la grande esclusione" avanzata da Platone quando affermò che la polis poteva essere gestita da filosofi e non da scrittori, ritenuti troppo emotivi. La ragione del parallelismo tra la donna e l'esclusione individuata da Platone - spiega la Silvestri - risiede nel fatto che l'emotività, essendo considerata una caratteristica tipica femminile, fa sì che anche la donna rientri in questa categoria di esclusi.

La figura femminile è un essere pensante, al pari dell'uomo, ma la sua mente si caratterizza per essere a rete, ossia per riuscire a tenere unite tante cose contemporaneamente. E il suo pensiero, espresso, anche e non solo, attraverso la disciplina letteraria, ha segnato importanti tappe nella storia dell'evoluzione dei comportamenti delle donne. A detta della Silvestri, sono infatti diversi gli esempi che ci riportano all'emancipazione femminile. Da Emilia Pardo Bazá che pubblicherà, nel 1800, la questione sul naturalismo francese, quando in Spagna era ancora considerata uno scandalo, a Suor Juana Inés de la Cruz, straordinaria figura femminile, una tra le maggiori poetesse dell’epoca barocca messicana e tra i più grandi letterati di tutta la letteratura ispanoamericana. Contrassegnata da un forte temperamento e da doti intellettuali non comuni, la Cruz riuscì in un primo tempo a sfuggire alle rigide regole imposte alla vita delle donne dell’epoca, ma che successivamente costituirono il maggiore ostacolo alla realizzazione della sua più grande aspirazione - una vita interamente dedicata agli studi - prerogativa che a quei tempi veniva riconosciuta solo agli uomini. Senza trascurare le Madri de la plaza de Mayo, semplici donne, madri "pazze" di dolore per la scomparsa dei figli, che poco per volta hanno trasformato il loro dramma in un’azione collettiva per capire e cambiare il mondo, per diffondere una cultura dei diritti civili in opposizione alla dittatura argentina.

L'incontro del 16 dicembre fa parte del Progetto Sui Generis, finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le Pari Opportunità, organizzato dall'I.i.s. Giovanni Falcone e I.i.s. Carlo Urbani di Roma.
Il prossimo 13 gennaio 2009, alle ore 15,00 (Biblioteca Rugantino di Roma), Laura Silvestri e Cristina Sanna parleranno de "I Saperi e le esclusioni di ambo i sessi"

mercoledì 26 novembre 2008

In linea il nuovo portale "gioventu.it"


Intervista al ministro Giorgia Meloni


E' stato lanciato alcuni giorni fa il nuovo portale interamente dedicato alle politiche giovanili avviate dal governo Berlusconi. A presentarlo è il ministro Giorgia Meloni con «poche parole, quelle necessarie, come è prassi nel mondo del web». Ma soprattutto "la parola a voi giovani" (ndr). Infatti, il nuovo sito proposto dal ministro della Gioventù è «un sito aperto, una sorta di piazza virtuale dove è possibile non solo ricevere informazioni istituzionali, ma anche scambiare opinioni e proposte».

Ministro Meloni da alcuni giorni è in rete il nuovo sito "gioventu.it". Nel comunicato di presentazione lei parla di una «rottura con i meccanismi consolidati della comunicazione istituzionale». Quali sono, quindi, gli aspetti innovativi che caratterizzano il nuovo portale?
Quando abbiamo messo in cantiere il nuovo sito del ministero abbiamo immaginato un luogo che pur mantenendo la caratteristica di essere un sito istituzionale, aprisse le porte al confronto con i giovani ai quali è dedicato. Per questo abbiamo scelto di evitare una comunicazione unidirezionale, della serie: “Vi facciamo vedere noi come si fa”. Piuttosto abbiamo scelto di coinvolgere direttamente la gioventù italiana nella stessa sfida: partecipare al destino della propria generazione e contestualmente a quello della propria comunità nazionale. Si tratta certamente di una “rottura” con i meccanismi consolidati della comunicazione istituzionale. Come tutti i progetti sperimentali, anche quello che riguarda il nostro sito è in continua evoluzione. Per sondare la risposta dei ragazzi abbiamo aperto ai commenti liberi una parte del sito: chiediamo ai ragazzi di intervenire su un tema specifico che cambia una volta al mese. E’ un modo che secondo noi serve a incanalare il dibattito e renderlo più costruttivo rispetto ad un generico sfogatoio, di cui il web pullula di per sé. Le prime settimane sono state positive. I ragazzi hanno partecipato in maniera costruttiva e perciò, probabilmente, allargheremo pian piano l’area del dialogo.


Tra i temi di Gioventu.it c'è anche quello di promuovere un'autentica rivoluzione del merito. Ci potrebbe illustrare quali provvedimenti intende avviare a favore dei giovani talenti e per facilitare il loro inserimento nel mercato del lavoro?
Spesso in Italia si ha la sensazione che ai ragazzi venga proposta la ricerca della scorciatoia, come se l’obiettivo fosse quello di creare una generazione di “furbetti per il piacerino”. Io credo che ciò sia esattamente il contrario di quello che i giovani desiderano. Dalla generazione precedente e anche dal governo, secondo me i ragazzi si aspettano fiducia, valori ideali, esempi positivi, ma soprattutto il riconoscimento della meritocrazia. Abbiamo in cantiere alcuni progetti. Il primo, in collaborazione con il ministro per la Pubblica Amministrazione e l'innovazione, Renato Brunetta. Si tratta del programma “Mille Talenti”. L’idea nasce da un libro di Roger Abravanel intitolato “Meritocrazia”, e contiene il proposito di formare e valorizzare 1000 giovani italiani da inserire nella pubblica amministrazione. Il piano dovrebbe essere strutturato in diversi programmi, coordinati fra di loro attraverso la selezione progressiva dei migliori 10, 100 e 1000 giovani laureati italiani, sulla base di un apposito test nazionale. Naturalmente, con il coinvolgimento della Scuola Superiore di P.A. L’obiettivo è quello di realizzare tre gruppi che ricevano adeguate borse di studio, una formazione eccellente e prospettive di carriera adeguate, per poter essere da subito inseriti nelle amministrazioni centrali e periferiche, nazionali ed internazionali.

E per quanto riguarda invece la sezione dedicata alla "meglio gioventù", quali contenuti presenta?

I mass media raccontano la generazione dei ragazzi di oggi come composta da giovani criminali, fatta di bulli e teppisti o, quando va bene, sedotta dall’esempio dei protagonisti più insignificanti della tv, del tutto priva di una missione civile, spirituale o politica che sia. E’ il ritratto distorto dei giovani italiani di oggi. Io insisto: i giovani non sono solo una massa di parassiti nullafacenti che rifuggono le responsabilità. E’ vero che oggi la nostra gioventù subisce un bombardamento incessante di messaggi sbagliati, programmi sbagliati, esempi sbagliati. Ma è proprio nel modo di resistere a tutto questo che si rivelano le qualità straordinarie di questa generazione. Basterebbe solo un po' di buona volontà per scoprire una realtà giovanile molto diversa nell’Italia di oggi. Esistono mille storie quotidiane di solidarietà, di coraggio, di genio e talento che purtroppo non hanno mai avuto la ribalta della cronaca o l’hanno avuto solo per qualche attimo. Uno degli obbiettivi che mi sono posta con il mio ministero è proprio quello di raccontare, portare alla luce questi esempi. Abbiamo creato una sezione del sito apposita, in cui racconteremo storie vere di uomini e donne tra i 15 e i 35 anni. Storie che saranno raccontate e segnalate sia da scrittori famosi sia dai ragazzi. La prima ad esempio è stata scritta da Federico Moccia, un autore particolarmente vicino ai giovani. Accanto pubblichiamo storie raccontate da chi famoso non è ancora, ma conosce una storia che ritiene vada la pena di essere conosciuta e ha voglia di cimentarsi nell’arte del racconto. Non si deve far altro che spedirla per mail all’indirizzo segnalato sul sito: le migliori saranno pubblicate.

Nel portale c'è spazio anche per le comunità giovanili. In cosa consistono e quando saranno attivate?
Le Comunità giovanili sono degli spazi di aggregazione dedicati ai giovani e organizzati da giovani che non abbiano superato i 35 anni. Luoghi reali nei quali sia possibile navigare in internet, leggere giornali, fare musica, teatro, cinema, sport, pittura, fotografia, poesia, ma anche riscoprire i saperi tradizionali. Spazi nei quali organizzare convegni, corsi, laboratori e dove maturare relazioni, attitudini personali e vocazioni. L’obiettivo è offrire alle giovani generazioni degli spazi che rappresentino un’alternativa alla noia e al disimpegno, che spesso sono alla base di fenomeni di disagio, soprattutto nelle periferie delle grandi città metropolitane e in alcune realtà del meridione.
Le Comunità vengono promosse con pochi vincoli statutari: assenza di fini di lucro, democraticità dell’accesso alle cariche, elettività delle cariche tra i soci in regola con l’iscrizione, trasparenza di bilancio, assenza di qualunque tipo di discriminazione, indicazione delle finalità della comunità. Tali vincoli sono essenziali per iscriversi al registro nazionale istituito presso il dipartimento della Gioventù e conseguentemente per usufruire dei contributi del “fondo comunità giovanili”, la cui dotazione è di 5 milioni di euro l’anno. Il disegno di legge che le istituisce è all’esame del parlamento, le comunità potrebbero diventare operative in primavera.


Il sito consente inoltre di scaricare gratuitamente le puntate trasmesse da Radio Gioventù e di partecipare con propri contributi al "Focus". Quali saranno gli argomenti trattati in questi spazi?
Radio Gioventù partirà nei prossimi giorni. Tratterà tutti gli argomenti d’attualità legati alle competenze del ministero. Prenderemo spunto dalle lettere che ogni giorno riceviamo da parte dei lettori del sito. Quanto al Focus, siamo partiti con il tema dell’ecstasy e, seguendo gli spunti forniti dai contributi dei ragazzi, siamo arrivati a toccare un altro tema controverso, quello degli Smart Shop, negozi che vendono tra l’altro prodotti che pur non risultando ancora nelle tabelle delle sostanze illegali producono gli stessi effetti di alcune droghe. Il tema del prossimo Focus, invece, sarà scelto tra quelli che i ragazzi stessi propongono nelle loro email.


Se lei dovesse riempire una immaginaria "cassetta degli attrezzi" con strumenti che consentano ai giovani di introdursi con più facilità nel mercato del lavoro, quali sceglierebbe?
Impegno, determinazione, creatività e anche ottimismo: questo sono gli attrezzi che oggi più di ieri non devono mancare. I giovani sanno che non possono arrendersi alle difficoltà che questi anni gli porranno di fronte. Una cosa è certa: la situazione economica è cambiata e il nostro compito – come governo - è quello di adeguare la società ad un mercato del lavoro che cambia. Si tratta di una sfida che non riguarda solo le politiche del lavoro, ma costituisce la base delle numerose iniziative che il ministero della Gioventù si impegna a portare avanti con un unico obiettivo: governare la flessibilità. L’obbiettivo dell’intero governo è quello di sviluppare strumenti capaci di rendere la flessibilità una finestra di ingresso nel mondo del lavoro piuttosto che una condizione di incertezza permanente. Occorre, in ogni caso, un migliore coordinamento tra formazione e lavoro – penso al tema degli stage e degli apprendistati – e un rafforzamento degli strumenti di collegamento tra domanda e offerta di lavoro, con un maggiore coinvolgimento di strutture pubbliche e private, prime fra tutte le Università. I giovani devono essere messi nelle condizioni di lavorare anche quando si tratta di conciliare il lavoro con lo studio, o con esperienze di breve durata nei periodi estivi, in forma saltuaria, senza che ciò debba passare per lavoro nero o irregolare.

Roma 26 novembre 2008
Cristina Sanna



lunedì 23 giugno 2008

Enzo Carra risponde

Cara Cristina,
come vedi anche gli errori gravi servono a qualcosa. Per esempio quello della professoressa Petruzzi non ha fatto soltanto riemergere una mia conversazione con il Poeta, ma da a tutti noi la possibilità di leggere il delizioso saggio che tu hai scritto sull’argomento.
Cordialmente Enzo


Il sorriso di Montale/2
Ho ricevuto da Cristina la seguente lettera che vi invito a leggere:

Caro Enzo,
sono d’accordo con lei che fu lo stesso poeta a non ammettere che la poesia “ripenso al tuo sorriso” era dedicata al suo amico di gioventù. L'autore infatti nella “intervista immaginaria al poeta” ci dice in quale componimento è rintracciabile il significato dell’immagine salvifica femminile: “La Bufera”. Questa raccolta va riconosciuta come uno dei momenti più alti della tensione poetica di Montale, che lo ricollega fortemente alla tradizione ermetica, di cui il poeta sa porsi come moderno interprete e depositario. Come egli stesso ammette “terribilmente in chiave” è, infatti, questa sua Iride, nella quale la Sfinge delle Nuove Stanze, che aveva lasciato l’Oriente per illuminare le brume del nord, torna messaggera epifanica e salvifica, al Nestoriano, che non è certo lo sciocco spiritualista o il rigido e astratto monofisita, ma l’uomo che meglio conosce le affinità che legano a Dio le creature incarnate. Riccardo Scrivano riprende i versi di Montale estratti dalla "Bufera" e li commenta così: "poco si è salvato dall’immane flagello della guerra e delle persecuzioni, se poco si può dire la traccia di un transito o di una trasmutazione, quella di Iride-Clizia, che ha lasciato il segno di una presenza luminosa. In mancanza di un altro schermo di cose rasserenanti (come i cieli azzurri) questo rimano al povero Nestoriano, colui che crede soltanto nel Cristo-uomo e che proprio per questo conosce meglio quelle affinità che legano Dio alle creature incarnate - secondo la definizione che ne ha dato lo stesso Montale - povere in spirito perchè oramai membri di una chiesa invisibile. Proseguendo nella lettura dell’Iride possiamo ancora una volta avvalerci delle indicazioni fornite da Scrivano che, nel suo puntuale commento, osserva come la seconda parte della poesia si apre con la dichiarazione dell’individuale, diversa condizione interiore di ciascun uomo. Da essa scaturisce l’immagine della lince, il felino dallo sguardo acuto, ben diverso da quello di un gatto domestico (quel bel soriano). Montale si richiama ad un luogo ben preciso, quello del Vangelo di Luca: basterà forse uscire dall’ombra del sicomoro, in piena luce per credere nell’uomo o questo sarà consentito solo in virtù del Volto insanguinato sul sudario? Si potrebbe dunque affermare che l’opera porta alla comunione tra individuo e umanità da una parte, continuando nella cristiana inconsapevole che si è allontanata perchè la sua missione non fosse vanificata. Potrà apparire immutata solo nella memoria del poeta. Ma se colei che “il non mutato amor mutata serba” (come viene perifrasticamente nominata in Primavera Hitleriana) tornasse, sarebbe altra da quella che fu in quel tempo passato. Persino la sua storia sarebbe diversa e ogni storia andrebbe riletta in altro modo (non hai sguardi, ne ieri, ne domani. Perchè l’opera sua - che nella tua si trasforma - deve essere continuata). L’opera che deve essere continuata è, dunque, una sorta di trasmutazione alchemica, di cui Iride-Clizia, sembra l’unica depositaria. Secondo gli Studi sull’Alchimia di Gustav Jung è possibile interpretare il gran finale di Iride, dove l’interpretazione espressa in chiave alchemica ci porta al messaggio di salvezza su cui si fonda anche il simbolismo cristiano. Quindi l’Iride-Clizia assume il compito della trasformazione dinamica passando dalla nigredo all’albedo (”perchè la sua opera fiorisca in altre luci, perchè la sua opera deve essere continuata).

Il sorriso di Montale/1
Ha un merito, solo, la professoressa Caterina Petruzzi rimossa dall’Istruzione per l’errore contenuto nella traccia per la prova di italiano agli esami di maturità.
La professoressa, distratta, ha ingannato i ragazzi - gli esaminandi - sostenendo che in Ripenso il tuo sorriso , la poesia montalinana della raccolta Ossi di seppia, quel sorriso fosse quello di una donna. E invece era del ballerino russo Boris Kniaseff. Montale, ai suoi tempi, era stato reticente, non aveva voluto ammettere di aver dedicato dei versi a un uomo. Altri tempi.
La professoressa Caterina Petruzzi che, al pari di altri colleghi del ministero dell’Istruzione, ha commesso un grave errore per il quale lei non sorride, ha comunque acceso i riflettori su un grandissimo Poeta di cui raramente parliamo. Anche gli errori, gravi, hanno un lato positivo.
Con l’occasione ripropongo agli amici del blog una mia antica conversazione con Eugenio Montale. Era l’inverno del ‘74 e il Poeta mi raccontò con levità e spregiudicatezza la sua esperienza di senatore a vita.
“Montale contro le mode”, di Enzo Carra

Scuola: 4.000 i posti vacanti per il ruolo DSGA

Intervista a Enrico Panini, Segretario Nazionale della Flc-Cgil
a cura di Cristina Sanna

Dott. Panini, i sindacati della scuola da diverso tempo hanno intrapreso una battaglia affinché vengano banditi concorsi per il ruolo di Direttore dei Servizi Generali e Amministrativi nelle scuole. Ci potrebbe illustrare, dal punto di vista professionale, quali sono le competenze che tale ruolo dovrebbe rivestire e perchè questa figura è oramai divenuta strategica e indispensabile nell'ambito scolastico?

Il nostro sindacato in realtà si sta battendo perché vengano banditi i concorsi ordinari per ogni funzione scolastica: dai Dirigenti Scolastici, Docenti, ai Direttori dei Servizi Generali e Amministrativi (DSGA). Nell’ordine abbiamo indicato come priorità i DSGA in quanto questa fetta di personale presenta un numero di precari e di posti vacanti particolarmente consistente. Tale figura, rispetto a quella esistente prima dell’autonomia scolastica - nota come Segretario, è cambiata notevolmente. Da una parte, per l'accesso alla posizione sono necessari titoli di studio più significativi: il titolo di Laurea Magistrale (per il vecchio ordinamento) o il titolo di Laurea Specialistica (per il nuovo ordinamento). Inoltre, con l'introduzione dell’autonomia scolastica oggi una serie di funzioni vengono affidate direttamente alle scuole, da quelle competenze più semplici, come le retribuzioni e compilazione di graduatorie e di elenchi, etc. a migliaia di diverse altre attività a seconda dell’ordine e grado scolastico. Si pensi che i bilanci inizialmente si aggiravano intorno ai 30, 40, 50 mila euro, oggi, con l'autonomia scolastica, raggiungono i 400, 500 mila euro. Quindi stiamo parlando di una figura di grande prestigio per la scuola italiana. Un profilo che deve avere un background professionale ampio e complesso e che sia capace di svolgere una serie di competenze non solo sul versante contabile, ma anche su quello della gestione delle risorse umane. Peraltro la scuola è diventata sempre più un luogo nel quale convergono attività che vanno oltre a quelle di ordinaria amministrazione. Questo aspetto ha importanti ricadute sul lavoro amministrativo: infatti la figura che andrà ad assumere queste competenze è da considerarsi una figura di vertice. Il sindacato ha chiesto, prima all'ex ministro dell'Istruzione Fioroni e oggi al nuovo ministro Mariastella Gelmini, di bandire quanto prima i concorsi in modo da rinnovare la scuola con l'inserimento di persone fresche, giovani e orgogliose di misurarsi in un settore complesso. A questa richiesta si aggiunge inoltre l'esigenza di prevedere un ulteriore concorso per consentire ai tanti precari, che nel frattempo hanno maturato servizi nella assunzione di DSGA, di inserirsi in maniera permanente nella struttura scolastica. I posti vacanti di questo profilo professionale ammontano a 4.000 posti, numero tra l'altro destinato a crescere rapidamente proprio perchè siamo in presenza di un indice anagrafico piuttosto alto e anche perchè si prevede a breve un numero consistente di pensionamenti.

Di quale entità stiamo parlando?

Attualmente i precari ammontano a circa 4000 unità. In questa cifra includiamo comunque anche gli ex-collaboratori, i capi di segreteria che hanno dichiarato la loro disponibilità ad assumere la funzione o ancora persone inserite nelle graduatorie di supplenza. Da questa situazione di precariato scaturiscono tutta una serie di problemi proprio perchè queste persone prima che riescano ad ambientarsi in una determinata realtà scolastica (ogni scuola ha una propria storia) hanno già raggiunto la data di scadenza del loro contratto. Un problema questo che oltre a incidere sulla persona, pesa notevolmente sui tempi di adattamento e di sintonizzazione con il sistema in cui la figura va ad operare.

E per quanto riguarda le figure dei Dirigenti Scolastici e docenti, su quali numeri ci attestiamo?

Per quanto riguarda i dirigenti scolastici è stato espletato un concorso circa 12 anni fa, di cui le graduatorie sono già esaurite. Questo comporta una presenza di posti vacanti che ammonta a diverse centinaia. Per la copertura di questo ruolo è richiesto oltre il titolo di studio anche aver maturato nel ruolo una esperienza di almeno sette anni. Invece per quanto riguarda i docenti, oltre ai tanti precari da sistemare, si aggiunge una carenza molto forte di docenti preposti all'insegnamento delle materie scientifiche (matematica, scienze, chimica, fisica), nonché, in alcune parti specifiche di Italia, di docenti preposti all'insegnamento delle materie letterarie. Quindi la nostra richiesta è che vengano banditi i concorsi ordinari per avviare quel meccanismo virtuoso in grado di stabilizzare persone giovani in quelle graduatorie vacanti. Ad oggi stimiamo dunque circa 200 posti vacanti per i dirigenti (su 10.000 scuole), mentre, per quanto riguarda invece le docenze, non sono in grado di dare una cifra esatta perchè il dato varia da provincia a provincia.

Secondo lei, quali sono gli elementi necessari affinché anche la scuola italiana diventi un centro di eccellenza al pari di altre realtà virtuose europee?

La prima. Bisogna investire nei nostri sistemi della conoscenza, nell'ambito dell'università e della ricerca. Consideri che noi destiniamo mediamente il 2% in meno del nostro PIL in conoscenza. Stiamo parlando dell'ordine di decine di miliardi di euro di investimento in meno. Quindi il primo elemento di bilancio deve partire propria da questo punto.
La seconda questione riguarda l'azione politica e di governo. Il governo deve promuovere, anche con interventi mirati, una visione positiva del sapere e della conoscenza. Questa mancanza oggi pesa soprattutto sulla visione sociale.
Terza questione. Noi dobbiamo diventare un Paese capace di investire il più possibile sulla leva straordinaria dei giovani, di ragazzi e ragazze preparati che non meritano di essere condannati alla lunga agonia del precariato e che invece devono essere messi nelle condizioni di potersi inserire sia nell'ambito della ricerca (l'Italia è il paese con il minor numero di ricercatori) e sia nell'ambito dell'insegnamento universitario (anche in questo caso l'Italia è il paese con il maggior numero di docenti anziani rispetto alle altre realtà europee). Questi aspetti nel loro insieme potrebbero rappresentare quell'elemento fondante di una rivoluzione culturale del nostro paese che si pone come obiettivo primario quello di diventare una realtà di eccellenza nell'ambito della conoscenza.

sabato 24 maggio 2008

L'esordio del nuovo governo


Una rottura col passato: è questo il segnale politico lanciato dal Premier Silvio Berlusconi in occasione del terzo Consiglio dei Ministri riunitosi, simbolicamente, nella città di Napoli. Tre i provvedimenti approvati: il pacchetto normativo in materia di emigrazione e sicurezza pubblica, diminuzione del carico fiscale, emergenza rifiuti in Campania. Così Silvio Berlusconi invia al paese un messaggio molto chiaro e concreto: lo Stato è tornato.
Un preciso cambiamento, dunque, nello stile, nell'approccio e nel modo di rivolgersi all'opinione pubblica. Un completo rovesciamento di quel modus operandi che la classe politica del governo Prodi ci aveva abituati, caratterizzata da polemiche intestinali, minacce mastelliane, tira e molla, spesso mediati attraverso riunioni plenarie - i famosi conclave - messe in atto ogni qualvolta si avvertiva una crisi di governo fin troppe volte annunciata.
Il governo Prodi entra in carica il 17 maggio 2006. Il 2 giugno tutti i quotidiani nazionali riportano il monito di Padoa-Schioppa sul rigore alla spesa. Scattano immediatamente gli aumenti delle addizionali Irpef e Irap per le sei Regioni che hanno sfondato i parametri della spesa sanitaria e viene emanata una direttiva per frenare le uscite dei Ministeri. Ma intanto questi lievitano nel numero grazie agli spacchettamenti e, con essi, la casta politica. Un mese dopo (4 luglio 2006) viene deliberata la prima lenzuolata su liberalizzazioni e fisco, firmata da Pierluigi Bersani e Vincenzo Visco. Poi (29 luglio 2006) il Parlamento vara l’indulto giudicato dagli italiani un errore capitale. Nel frattempo, il ministro dell’Economia mette a punto una Finanziaria da 30 miliardi e, invece di tagliare la spesa, ne aumenta il carico fiscale per finanziarla e per attuare la redistribuzione delle tasse. Insomma, sin dalle prime mosse il governo Prodi lancia segnali di incapacità, incoerenza, precarietà e nel giro di pochi mesi perde rapidamente consenso sviluppando, tra i suoi elettori, un manifesto cinismo verso i rappresentanti politici. Nasce l'antipolitica.
Il governo Berlusconi entra in carica l’8 maggio 2008 riportando una vittoria netta alla Camera e al Senato, quest'ultimo punto debole del governo Prodi. L'esito elettorale è il primo indicatore positivo di cambiamento. Riduce i ministeri a 12, nomina i sottosegretari (37), ma non i vice ministri. 13 giorni dopo si riunisce a Napoli mettendo subito mano ai problemi più urgenti del Paese. Insieme ai provvedimenti sulla sicurezza e sull'immigrazione, vara un pacchetto di sconti fiscali (taglio dell’Ici e sgravi sugli straordinari in busta paga) che viene coperto con un taglio di 4 miliardi di euro sulle spese. Giulio Tremonti annuncia un anticipo della manovra e un piano di sostenibilità dei conti pubblici pari a 30 miliardi in 3 anni. Sull’emergenza rifiuti a Napoli interviene per decreto e affida alla vigilanza delle forze armate sulle discariche e alla regia di Guido Bertolaso la soluzione del problema. Le prime decisioni del governo sono coerenti con il programma presentato in campagna elettorale e incontrano il favore anche dell'opposizione. Si respira un nuovo clima di fiducia. L'esordio, quindi, non poteva essere migliore, quello più auspicabile e auspicato, in un momento in cui, mai come ora si avverte l'esigenza di ricevere dalla classe politica dirigente risposte immediate e concrete alla soluzione dei problemi più contingenti. Una nuova leadership capace di risollevare un paese oramai alla deriva, con scelte e azioni coraggiose che fino ad oggi, solo i grandi uomini, quei grandi statisti del passato, avevano dimostrato di essere in grado di intraprendere.

Cristina Sanna

martedì 13 maggio 2008

Indesit: centro di eccellenza nella gestione dei generi


Assegnato il prestigioso riconoscimento dall’Academy of Management & Institute of New Technologies di Lodz (Polonia) per il programma “Conoscenza, motivazione, lavoro” volto a incrementare il tasso di occupazione femminile

Indesit Company è stata riconosciuta come azienda più impegnata nella promozione delle pari opportunità, nell’ambito del programma “Conoscenza, motivazione, lavoro – donne e carriera nella città di Lodz”, cofinanziato dall’Unione Europea e dal Fondo Sociale Europeo. Il progetto si propone di promuovere l'incremento del livello di occupazione femminile nella regione, il sostegno alle pari opportunità e l'inclusione sociale e professionale delle donne nel mercato del lavoro. Il programma è stato sviluppato attraverso l'organizzazione di seminari, corsi di formazione, workshop, gruppi di lavoro e counseling in diversi settori professionali, consentendo l'accesso alle informazioni utili a più di 1.000 donne, di cui 80 disoccupate. L’evento conclusivo si è tenuto il 28 marzo nell’Academy of Management & Institute of New Technologies di Lodz.
L'obiettivo è quello di agevolare l'occupazione femminile nel mercato del lavoro a livello mondiale. Si consideri che attualmente l’azienda in Polonia impiega circa 2500 persone nell’area di Lodz, di cui il 45% sono donne. Tra l'altro, entro quest'anno, è prevista anche l’apertura di due nuovi stabilimenti nella vicina città di Radomsko. Già alla fine del 2006 le women-Indesit rappresentavano circa un terzo dei dipendenti: su oltre 17.000 persone impegnate in tutto il mondo, il 30% era rappresentato da donne. La presenza femminile a livello di management aziendale è cresciuta dall’8% nel 2005 al 14% nel 2006. Indesit vive quotidianamente il concetto di pari opportunità in tutti i mercati in cui opera. La gestione delle “diversità” genera valore e si alimenta con continui processi di conoscenza, integrazione e scambio tra persone appartenenti a culture ed etnie differenti, costituendo un’occasione di crescita per le persone non solo sul piano professionale ma anche sul piano personale. Una politica aziendale che ha permesso nel 2007 a Neriman Ulsever, direttore Risorse Umane di Indesit Company, di vincere la “Mela d’Oro” alla XIX edizione del Premio Bellisario. Sempre nel 2007 Indesit ha vinto la prima edizione del premio Intellectual Capital Value per lo sviluppo del capitale umano, ossia per l’impegno nello sviluppo delle persone, della loro motivazione e delle loro competenze e attitudini.


Cristina Sanna

venerdì 7 marzo 2008

8 marzo 2008: Centenario della Giornata Internazionale della donna

Esattamente un secolo fa le operaie di un'industria tessile americana, in sciopero per denunciare le proprie terribili condizioni di lavoro, vennero chiuse nella fabbrica dal proprietario per impedire manifestazioni esterne. Scoppiò un incendio e le donne rimasero imprigionate dalle fiamme. Nel rogo morirono 129 operaie.
A partire da quel drammatico episodio, con il diffondersi delle iniziative che vedevano come protagoniste le rivendicazioni femminili, l'8 marzo assunse una un'importanza mondiale come giornata di lotta internazionale a favore delle donne, ma soprattutto quella giornata rappresentò il punto di partenza del loro riscatto.

Da allora il cammino verso le pari opportunità è stato sempre più al centro del dibattito sociale, politico e istituzionale, dove si è raggiunta la consapevolezza che promuovere le pari opportunità è prima di tutto un dovere civico, oltre che morale. Sostenere i diritti delle donne, non significa agire su una questione o una condizione particolare - la specificità femminile, bensì riguarda un aspetto centrale della democrazia, contraria a qualsiasi forma di discriminazione.
E' risaputo come, nella nostra società, le donne ancora fanno fatica ad affermarsi nelle alte cariche pubbliche (politiche e istituzionali) e soffrono di una discriminazione di tipo retributiva - in particolare nel settore privato - rispetto ai loro colleghi maschi.

Maurizio Ferrera, nell'articolo pubblicato qualche mese fa sul Corriere della Sera, in merito al dibattito "sul sorpasso spagnolo", ha fatto notare come il tasso di occupazione femminile in Spagna, ha superato quello italiano di circa 7 punti in percentuale. A questa fotografia si sommano i dati emersi dalla ricerca condotta dall'Osservatorio sul cambiamento delle amministrazioni pubbliche della SDA Bocconi, dove appare con chiarezza, una scarsa presenza femminile tra le cariche dirigenziali nel comparto della Pubblica Amministrazione.

In un momento di accese discussioni sull’incentivazione della partecipazione delle donne alla vita politica, economica e istituzionale, emerge, dunque, la necessità di un cambiamento di rotta anche nel settore pubblico.

La Ministra per le Pari Opportunità, Barbara Pollastrini, ha emesso, lo scorso maggio 2007, una direttiva volta ad attuare parità e pari opportunità tra uomini e donne, riservando una parte del provvedimento proprio alla dirigenza. Lo scopo è quello di favorire il riequilibrio della presenza femminile nelle attività e nelle posizioni gerarchiche, qualora sussista un divario fra generi, oltre che sensibilizzare l'opinione pubblica e gli stessi vertici degli enti.

Ben vengano dunque questo tipo di interventi quando ancora, nella società contemporanea, i pregiudizi culturali, probabilmente derivanti da una sorta di "sensazione oscura degli uomini" così come veniva intesa dal filosofo Jhon Stuart Mill, permangono e bloccano la partecipazione delle donne nei settori strategici della società.

Mill sosteneva l'esistenza di una sorta di paura generale da parte degli uomini, sul fatto che la presenza femminile nella vita pubblica avrebbe modificato i rapporti nella sfera privata e quindi, nell'ambito del ruolo tradizionale esercitato dalla donna nella famiglia.

Le donne, nel corso di questo percorso iniziato 100 anni fa, hanno invece dimostrato di essere capaci di rivestire contemporaneamente con efficienza, professionalità, passione e amore, entrambi i ruoli. Una specificità femminile, dunque, che non deve essere concepita quale sinonimo di inferiorità, come spesso è accaduto nella storia sin dai tempi di Aristotele, bensì come una peculiarità positiva di cui solo le donne sono portatrici e per la quale tutti noi dobbiamo impegnarci a promuovere e valorizzare.

Cristina Sanna

venerdì 29 febbraio 2008

Pastiche o travestimento: la riscrittura della politica italiana

Il termine pastiche trae le proprie origini dall'italiano, dove dall'ambito gastronomico si è esteso nel Seicento, a quello pittorico e di lì a quello letterario.[1].
Di fatto in italiano, pasticcio significava originariamente, e significa ancora oggi, un impasto ed è una derivazione suffissale del vocabolo latino pasta, come lo sono il termine tedesco Pastete e quello francese pâté[2]. Il termine è inoltre utilizzato in senso traslato, nell'accezione di "fatto poco chiaro" o riferito a una sorta di imbroglio.
In Italia la parola pastiche, caduta in disuso nella sua accezione letteraria e artistica, è ritornata come prodotto d'esportazione francese a opera soprattutto dei critici che si sono occupati del pasticheur Marcel Proust (Parigi, 1871–1922). La critica italiana ha così ripristinato il termine di pasticcio, o meglio pastiche, ignorandone però il valore assunto in secoli di utenza straniera. Succede così che nel nostro linguaggio letterario - e oggi in quello politico - si faccia una grande confusione tra l’uso dei termini maccheronico, pastiche e travestimento[3]. Il termine trova soprattutto la sua massima espressione ambigua nel dibattito politico. Ne sono un esempio le affermazioni di Daniela Santanché, candidata premier de "La Destra", espresse durante la trasmissione "In mezz'ora" condotta da Lucia Annunziata, definendo un "grande pasticcio" il Partito delle Libertà: "una sorta di reazione chimica determinata dalla presenza di personaggi che vanno da Capezzone a Giovanardi - considerati i trasformisti della destra - da Berlusconi a Fini". Allo stesso modo, anche il Partito Democratico non si è risparmiato l'attributo di pasticcio. Ne è una prova l'articolo pubblicato da Famiglia Cristiana "il pasticcio veltroniano in salsa pannelliana", con il quale si rivendica la reazione contraria dei cattolici del PD, alla scelta di Veltroni di imbarcare nelle liste anche i Radicali.
Di qui nasce l'interrogativo su quale sia la reale forma della politica alla quale stiamo assistendo. Ovvero, se si tratta di un modello pasticciato, inteso nella sua accezione originaria di impasto o inciucio, oppure di una vera e propria operazione di travestimento. Mi sembra che la strada giusta da percorrere sia la seconda opzione. Nella tradizione letteraria e linguistica, il travestimento rappresenta una tecnica di scrittura in cui la sostanza è mantenuta e si opera invece una profonda trasformazione del modello: un processo di traduzione da un registro politico ad un altro, quello che in termini attuali si potrebbe considerare una forma di riscrittura della politica italiana.
Prendendo quindi come spunto l'opera "L'Eneide travestita" nella quale l'autore Giovanni Battista Lalli (1882) si appropria della materia (la sostanza) modificandone il modello, allo stesso modo, il PD e il PdL mantengono la sostanza delle vecchie coalizioni, modificandone la forma. Per tale motivo è opportuno considerare il Partito Democratico come una specie di Unione travestita e il Partito delle Libertà come il travestimento della CdL. Due scenari politici nei quali non si è operata nessuna modifica di sostanza, bensì si è attuata una trasformazione del modello attraverso il riadattamento della sostanza data[4] . Il travestimento diventa, dunque, la tecnica adottata da entrambi gli schieramenti che, senza la necessità di mettere in campo alcunché di innovativo, rappresenta lo strumento con il quale si cerca di ri-conquistare il consenso del pubblico, oramai avvolto da un velo di cinismo verso la politica.
Cristina Sanna

[1] Rosalma Salina Borello, Testo Intertesto, Ipertesto, Bulzoni Editore, pag. 94
[2] Cifr. W. Hempel
[3] Rosalma Salina Borello, Testo Intertesto, Ipertesto, Bulzoni Editore, pag. 98
[4] Rosalma Salina Borello, Testo Intertesto, Ipertesto, Bulzoni Editore, pag. 47

domenica 24 febbraio 2008

Vigili urbani: dal Campidoglio 800 nuove assunzioni

Intervista al Comandante Angelo Giuliani
a cura di Cristina Sanna

Siglato lo scorso 7 febbraio tra il Comune di Roma e i sindacati l’accordo per la riorganizzazione del corpo dei vigili urbani. L’intesa, che si tradurrà nel giro di poco tempo in un provvedimento della Giunta Comunale, getta le basi per una polizia municipale più presente, efficace e adeguata ad una città metropolitana come Roma, partendo appunto dall’integrazione dell’organico che passa dalle 6300 unità attuali, alle 8.350 unità stabilite nel nuovo piano.
Comandante Giuliani, ci potrebbe illustrare gli obiettivi principali a cui si ispira il piano?

Gli obiettivi sono stati individuati attraverso un'attenta analisi delle necessità della città e dei cittadini, nonché nel pieno rispetto delle esigenze di sicurezza operativa del personale. Le passate esperienze hanno suggerito di pensare ad una nuova organizzazione fondata su più livelli operativi distinti - realizzabili sia nel breve termine e sia in un arco temporale più lungo - con l'obiettivo di creare una struttura capace di tener conto della situazione attuale per fronteggiare quei fenomeni di emergenza e, allo stesso tempo, per garantire una maggiore presenza sul territorio, una pianificazione operativa a 360° e una più razionale interazione della filiera di direzione e di coordinamento.

Attraverso quali azioni e strumenti pensate di far fronte alle emergenze indicate?

Tali emergenze confermano l'esigenza di acquisire personale specificamente qualificato e specializzato a garanzia dell'adeguatezza dell'intervento e della salvaguardia dell'incolumità dei medesimi operatori. Si dovrà, quindi, procedere al potenziamento degli organici, della tecnologia di supporto e all'adeguamento delle dotazioni strumentali. Un progetto, dunque, che si ispira ad una profonda rivisitazione dell'impostazione dell'impianto organico, con funzioni e attività rigorosamente orientate al concetto delle "specializzazioni" in antitesi al concetto di vigile definito "tuttologo".

L’accordo, tra l’altro, parla di 800 nuove assunzioni entro l’anno. A quali attività si dovranno dedicare i neo-assunti?

Le 800 nuove assunzioni fanno parte di un impegno dell'Amministrazione che precede l'accordo in questione, di cui, le 300 unità di prossimo inserimento provengono dalle selezioni per esami di un bando di concorso che si è appena concluso. L'impegno dichiarato dall'On Veltroni di integrare ulteriori 500 unità entro l'anno corrente, non può che essere accolto con estremo favore. E' chiaro che i neo-assunti saranno impiegati, in via assolutamente prioritaria, nei compiti di viabilità, intesa oggi come attività di fluidificazione del traffico e, nell'ambito di progetti per la mobilità cittadina.

Nel testo è previsto inoltre un impegno per la stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato? Di quante persone si tratta e quali funzioni svolgono attualmente?

L'accordo considera "di prioritaria importanza l'impegno presso il Governo per ottenere un percorso certo di stabilizzazione del personale assunto a tempo indeterminato". Si tratta di circa 500 unità assunte a tempo determinato attingendo dalla graduatoria di un precedente concorso pubblico, nel quadro dei poteri speciali connessi all'emergenza traffico e mobilità e, attualmente impiegati nei servizi di fluidificazione del traffico. Ovviamente, stante la considerevole carenza di organico, possono partecipare - come tutti i dipendenti - a tutte le attività che si svolgono in forma straordinaria per consentire loro di formarsi in competenze diverse dalla viabilità. Questi colleghi rappresentano una preziosa risorsa alla quale il Corpo non può permettersi di rinunciare, sia per la serietà dimostrata e sia per l'esperienza e la professionalità acquisita.

L’on Veltroni durante la conferenza stampa di presentazione dell’accordo ha detto che “i vigili sono un pezzo importante del lavoro e della vita della città”. Sulla base di questa affermazione, quale consiglio vorrebbe dare ai giovani che intendono candidarsi a questa importante opportunità professionale?

Di valutare con attenzione i loro interessi e le loro attitudini. Fare il vigile, e lo dico per esperienza personale, può dare molte soddisfazioni solo se svolto col "cuore". Il nostro compito principale non è "solo fare multe", ma porre in essere tutta una serie di servizi di prevenzione e controllo a beneficio della collettività. Ovviamente, non è un lavoro facile, soprattutto in una città caotica come Roma, e il gestire momenti di tensione relazionali è un'arte che si affina con il tempo, con l'esperienza e con l'anzianità di servizio. Tanti anni fa, all'allora Ufficio Scuola, un collega anziano nel corso delle sue lezioni alle nuove reclute usava ripetere una frase rimasta nella nostra storia:"il Vigile è un lavoro di bassa manovalanza da fare da studiati". Ebbene, questa schiettezza esprimeva una semplice verità: lavori per strada, al caldo e al freddo, magari in piedi per tutto il turno, esposto all'inquinamento atmosferico e al rumore, ma il ruolo e la responsabilità impone una specifica professionalità e un costante aggiornamento in campo giuridico e, infine, tanta pazienza.
Il consiglio che mi sento quindi di dare è uno solo: affrontare questo lavoro con grande umiltà d'animo, prestare ascolto ai Cittadini e fare tesoro dell'esperienza di altri colleghi. Posso garantire che servizi come consentire l'uscita da una scuola in sicurezza, rendere fruibile il posto riservato ad un invalido, liberare gli attraversamenti pedonali, dare assistenza a soggetti deboli ed emarginati, arginare le frodi in commercio e tutta quella lunga serie di interventi per i quali il Vigile è chiamato a svolgere, rappresentano un grande valore sociale nel rispetto dell'ordinata convivenza civile.

mercoledì 30 gennaio 2008

Nella PA la carriera delle donne è bloccata

Poco numerose ai vertici, molto rappresentata nella basa. E' questa la fotografia della presenza femminile nella pubblica amministrazione secondo la ricerca condotta dall'OCAP, l'Osservatorio sul cambiamento delle amministrazioni pubbliche della SDA Bocconi. L’analisi fa emergere con chiarezza la debolezza della presenza femminile e evidenzia la bassa propensione del settore pubblico a riconoscere incarichi di responsabilità alle donne.

La percentuale media di dirigenti donne in servizio negli enti pubblici italiani è solo del 26,54% con uno scarto tra dirigenza femminile e dirigenza maschile pari a 46,93 punti percentuali. Il rapporto si riequilibra quando si osserva il dato relativo al personale non dirigente: in media, il 48,5% del personale non dirigente è femminile, contro il 51,5% maschile.
Tra gli enti che fanno registrare la maggiore percentuale di dirigenti donne sono i ministeri. Nello specifico, il Ministero per i beni e le attività culturali presenta il maggior numero relativo di dirigenti donne (42,7%) mentre il Ministero delle politiche agricole e forestali il minore (16,4%). Il trend viene confermato anche dall’analisi dei ruoli che le donne ricoprono all’interno della dirigenza ministeriale: la percentuale di dirigenti donne della c.d. prima fascia è del 19,3%, mentre la percentuale di dirigenti donne di seconda fascia sale al 32,5%.
Per regioni, province e comuni la presenza femminile nei ruoli dirigenziali e non dirigenziali mostra valori percentuali perfettamente in linea con l’andamento nazionale. Si riscontrano, però, importanti differenze geografiche, soprattutto a livello regionale e locale: le regioni ed i comuni capoluoghi di provincia del nord mostrano una maggiore presenza di dirigenti donne. I dati relativi alle regioni, infatti, indicano che, a fronte di un dato medio del 29,4% di dirigenti donne impiegato nelle regioni del nord, al sud si registra una percentuale media di dirigenti donne del 23,3% e quelle del centro del 28%. Ugualmente, sono i comuni del nord Italia a far registrare la maggiore presenza femminile all’interno della classe dirigente.
In questo periodo di accese discussioni sull’incentivazione della partecipazione delle donne alla vita politica, economica e istituzionale, emerge, dunque, la necessità di un cambiamento di rotta anche nel settore pubblico. La stessa Ministra delle Pari Opportunità, Barbara Pollastrini, ha emesso, lo scorso maggio 2007, una direttiva volta ad attuare parità e pari opportunità tra uomini e donne, riservando una parte del provvedimento proprio alla dirigenza. Lo scopo è quello di favorire il riequilibrio della presenza femminile nelle attività e nelle posizioni gerarchiche qualora sussista un divario fra generi, oltre che sensibilizzare l'opinione pubblica e gli stessi vertici degli enti. Ben vengano dunque queste iniziative quando ancora, nella società italiana, i pregiudizi culturali sembrano essere il più grande nemico della presenza di donne nell'alta dirigenza.

Cristina Sanna

martedì 29 gennaio 2008

Campagna infortuni Inail

Un lavoro grande come la casa

Gli incidenti domestici hanno assunto dimensioni più che allarmanti non solo nel nostro Paese ma anche a livello sovranazionale. Questa tipologia di eventi, che non risparmia nessuna fascia d'età, rappresenta nei Paesi sviluppati la prima causa di morte per i bambini, anche se il gruppo in assoluto più colpito è quello delle casalinghe. Le cause vanno spesso ricercate nella disinformazione, nel comportamento imprudente, negli spazi inadeguati, nel crescente numero di elettrodomestici presenti nelle mura domestiche, nell’uso non accorto di farmaci e di prodotti per l’igiene. Con la legge del 3 dicembre 1999, n. 493 recante "norme per la tutela della salute nelle abitazioni e istituzione dell'assicurazione contro gli infortuni domestici" viene introdotta in Italia, l’assicurazione obbligatoria dedicata a coloro che, in età compresa tra i 18 e i 65 anni, svolgono, a tempo pieno e a titolo gratuito, il lavoro finalizzato alle cure della propria famiglia e dell’ambiente in cui si dimora.
Assicurarsi è semplice e costa solo 12 euro e 91 centesimi all’anno
Per ulteriori informazioni visita il sito http://www.inail.it/ o chiama il numero gratuito 80314.