lunedì 23 giugno 2008

Enzo Carra risponde

Cara Cristina,
come vedi anche gli errori gravi servono a qualcosa. Per esempio quello della professoressa Petruzzi non ha fatto soltanto riemergere una mia conversazione con il Poeta, ma da a tutti noi la possibilità di leggere il delizioso saggio che tu hai scritto sull’argomento.
Cordialmente Enzo


Il sorriso di Montale/2
Ho ricevuto da Cristina la seguente lettera che vi invito a leggere:

Caro Enzo,
sono d’accordo con lei che fu lo stesso poeta a non ammettere che la poesia “ripenso al tuo sorriso” era dedicata al suo amico di gioventù. L'autore infatti nella “intervista immaginaria al poeta” ci dice in quale componimento è rintracciabile il significato dell’immagine salvifica femminile: “La Bufera”. Questa raccolta va riconosciuta come uno dei momenti più alti della tensione poetica di Montale, che lo ricollega fortemente alla tradizione ermetica, di cui il poeta sa porsi come moderno interprete e depositario. Come egli stesso ammette “terribilmente in chiave” è, infatti, questa sua Iride, nella quale la Sfinge delle Nuove Stanze, che aveva lasciato l’Oriente per illuminare le brume del nord, torna messaggera epifanica e salvifica, al Nestoriano, che non è certo lo sciocco spiritualista o il rigido e astratto monofisita, ma l’uomo che meglio conosce le affinità che legano a Dio le creature incarnate. Riccardo Scrivano riprende i versi di Montale estratti dalla "Bufera" e li commenta così: "poco si è salvato dall’immane flagello della guerra e delle persecuzioni, se poco si può dire la traccia di un transito o di una trasmutazione, quella di Iride-Clizia, che ha lasciato il segno di una presenza luminosa. In mancanza di un altro schermo di cose rasserenanti (come i cieli azzurri) questo rimano al povero Nestoriano, colui che crede soltanto nel Cristo-uomo e che proprio per questo conosce meglio quelle affinità che legano Dio alle creature incarnate - secondo la definizione che ne ha dato lo stesso Montale - povere in spirito perchè oramai membri di una chiesa invisibile. Proseguendo nella lettura dell’Iride possiamo ancora una volta avvalerci delle indicazioni fornite da Scrivano che, nel suo puntuale commento, osserva come la seconda parte della poesia si apre con la dichiarazione dell’individuale, diversa condizione interiore di ciascun uomo. Da essa scaturisce l’immagine della lince, il felino dallo sguardo acuto, ben diverso da quello di un gatto domestico (quel bel soriano). Montale si richiama ad un luogo ben preciso, quello del Vangelo di Luca: basterà forse uscire dall’ombra del sicomoro, in piena luce per credere nell’uomo o questo sarà consentito solo in virtù del Volto insanguinato sul sudario? Si potrebbe dunque affermare che l’opera porta alla comunione tra individuo e umanità da una parte, continuando nella cristiana inconsapevole che si è allontanata perchè la sua missione non fosse vanificata. Potrà apparire immutata solo nella memoria del poeta. Ma se colei che “il non mutato amor mutata serba” (come viene perifrasticamente nominata in Primavera Hitleriana) tornasse, sarebbe altra da quella che fu in quel tempo passato. Persino la sua storia sarebbe diversa e ogni storia andrebbe riletta in altro modo (non hai sguardi, ne ieri, ne domani. Perchè l’opera sua - che nella tua si trasforma - deve essere continuata). L’opera che deve essere continuata è, dunque, una sorta di trasmutazione alchemica, di cui Iride-Clizia, sembra l’unica depositaria. Secondo gli Studi sull’Alchimia di Gustav Jung è possibile interpretare il gran finale di Iride, dove l’interpretazione espressa in chiave alchemica ci porta al messaggio di salvezza su cui si fonda anche il simbolismo cristiano. Quindi l’Iride-Clizia assume il compito della trasformazione dinamica passando dalla nigredo all’albedo (”perchè la sua opera fiorisca in altre luci, perchè la sua opera deve essere continuata).

Il sorriso di Montale/1
Ha un merito, solo, la professoressa Caterina Petruzzi rimossa dall’Istruzione per l’errore contenuto nella traccia per la prova di italiano agli esami di maturità.
La professoressa, distratta, ha ingannato i ragazzi - gli esaminandi - sostenendo che in Ripenso il tuo sorriso , la poesia montalinana della raccolta Ossi di seppia, quel sorriso fosse quello di una donna. E invece era del ballerino russo Boris Kniaseff. Montale, ai suoi tempi, era stato reticente, non aveva voluto ammettere di aver dedicato dei versi a un uomo. Altri tempi.
La professoressa Caterina Petruzzi che, al pari di altri colleghi del ministero dell’Istruzione, ha commesso un grave errore per il quale lei non sorride, ha comunque acceso i riflettori su un grandissimo Poeta di cui raramente parliamo. Anche gli errori, gravi, hanno un lato positivo.
Con l’occasione ripropongo agli amici del blog una mia antica conversazione con Eugenio Montale. Era l’inverno del ‘74 e il Poeta mi raccontò con levità e spregiudicatezza la sua esperienza di senatore a vita.
“Montale contro le mode”, di Enzo Carra

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