lunedì 23 giugno 2008

Scuola: 4.000 i posti vacanti per il ruolo DSGA

Intervista a Enrico Panini, Segretario Nazionale della Flc-Cgil
a cura di Cristina Sanna

Dott. Panini, i sindacati della scuola da diverso tempo hanno intrapreso una battaglia affinché vengano banditi concorsi per il ruolo di Direttore dei Servizi Generali e Amministrativi nelle scuole. Ci potrebbe illustrare, dal punto di vista professionale, quali sono le competenze che tale ruolo dovrebbe rivestire e perchè questa figura è oramai divenuta strategica e indispensabile nell'ambito scolastico?

Il nostro sindacato in realtà si sta battendo perché vengano banditi i concorsi ordinari per ogni funzione scolastica: dai Dirigenti Scolastici, Docenti, ai Direttori dei Servizi Generali e Amministrativi (DSGA). Nell’ordine abbiamo indicato come priorità i DSGA in quanto questa fetta di personale presenta un numero di precari e di posti vacanti particolarmente consistente. Tale figura, rispetto a quella esistente prima dell’autonomia scolastica - nota come Segretario, è cambiata notevolmente. Da una parte, per l'accesso alla posizione sono necessari titoli di studio più significativi: il titolo di Laurea Magistrale (per il vecchio ordinamento) o il titolo di Laurea Specialistica (per il nuovo ordinamento). Inoltre, con l'introduzione dell’autonomia scolastica oggi una serie di funzioni vengono affidate direttamente alle scuole, da quelle competenze più semplici, come le retribuzioni e compilazione di graduatorie e di elenchi, etc. a migliaia di diverse altre attività a seconda dell’ordine e grado scolastico. Si pensi che i bilanci inizialmente si aggiravano intorno ai 30, 40, 50 mila euro, oggi, con l'autonomia scolastica, raggiungono i 400, 500 mila euro. Quindi stiamo parlando di una figura di grande prestigio per la scuola italiana. Un profilo che deve avere un background professionale ampio e complesso e che sia capace di svolgere una serie di competenze non solo sul versante contabile, ma anche su quello della gestione delle risorse umane. Peraltro la scuola è diventata sempre più un luogo nel quale convergono attività che vanno oltre a quelle di ordinaria amministrazione. Questo aspetto ha importanti ricadute sul lavoro amministrativo: infatti la figura che andrà ad assumere queste competenze è da considerarsi una figura di vertice. Il sindacato ha chiesto, prima all'ex ministro dell'Istruzione Fioroni e oggi al nuovo ministro Mariastella Gelmini, di bandire quanto prima i concorsi in modo da rinnovare la scuola con l'inserimento di persone fresche, giovani e orgogliose di misurarsi in un settore complesso. A questa richiesta si aggiunge inoltre l'esigenza di prevedere un ulteriore concorso per consentire ai tanti precari, che nel frattempo hanno maturato servizi nella assunzione di DSGA, di inserirsi in maniera permanente nella struttura scolastica. I posti vacanti di questo profilo professionale ammontano a 4.000 posti, numero tra l'altro destinato a crescere rapidamente proprio perchè siamo in presenza di un indice anagrafico piuttosto alto e anche perchè si prevede a breve un numero consistente di pensionamenti.

Di quale entità stiamo parlando?

Attualmente i precari ammontano a circa 4000 unità. In questa cifra includiamo comunque anche gli ex-collaboratori, i capi di segreteria che hanno dichiarato la loro disponibilità ad assumere la funzione o ancora persone inserite nelle graduatorie di supplenza. Da questa situazione di precariato scaturiscono tutta una serie di problemi proprio perchè queste persone prima che riescano ad ambientarsi in una determinata realtà scolastica (ogni scuola ha una propria storia) hanno già raggiunto la data di scadenza del loro contratto. Un problema questo che oltre a incidere sulla persona, pesa notevolmente sui tempi di adattamento e di sintonizzazione con il sistema in cui la figura va ad operare.

E per quanto riguarda le figure dei Dirigenti Scolastici e docenti, su quali numeri ci attestiamo?

Per quanto riguarda i dirigenti scolastici è stato espletato un concorso circa 12 anni fa, di cui le graduatorie sono già esaurite. Questo comporta una presenza di posti vacanti che ammonta a diverse centinaia. Per la copertura di questo ruolo è richiesto oltre il titolo di studio anche aver maturato nel ruolo una esperienza di almeno sette anni. Invece per quanto riguarda i docenti, oltre ai tanti precari da sistemare, si aggiunge una carenza molto forte di docenti preposti all'insegnamento delle materie scientifiche (matematica, scienze, chimica, fisica), nonché, in alcune parti specifiche di Italia, di docenti preposti all'insegnamento delle materie letterarie. Quindi la nostra richiesta è che vengano banditi i concorsi ordinari per avviare quel meccanismo virtuoso in grado di stabilizzare persone giovani in quelle graduatorie vacanti. Ad oggi stimiamo dunque circa 200 posti vacanti per i dirigenti (su 10.000 scuole), mentre, per quanto riguarda invece le docenze, non sono in grado di dare una cifra esatta perchè il dato varia da provincia a provincia.

Secondo lei, quali sono gli elementi necessari affinché anche la scuola italiana diventi un centro di eccellenza al pari di altre realtà virtuose europee?

La prima. Bisogna investire nei nostri sistemi della conoscenza, nell'ambito dell'università e della ricerca. Consideri che noi destiniamo mediamente il 2% in meno del nostro PIL in conoscenza. Stiamo parlando dell'ordine di decine di miliardi di euro di investimento in meno. Quindi il primo elemento di bilancio deve partire propria da questo punto.
La seconda questione riguarda l'azione politica e di governo. Il governo deve promuovere, anche con interventi mirati, una visione positiva del sapere e della conoscenza. Questa mancanza oggi pesa soprattutto sulla visione sociale.
Terza questione. Noi dobbiamo diventare un Paese capace di investire il più possibile sulla leva straordinaria dei giovani, di ragazzi e ragazze preparati che non meritano di essere condannati alla lunga agonia del precariato e che invece devono essere messi nelle condizioni di potersi inserire sia nell'ambito della ricerca (l'Italia è il paese con il minor numero di ricercatori) e sia nell'ambito dell'insegnamento universitario (anche in questo caso l'Italia è il paese con il maggior numero di docenti anziani rispetto alle altre realtà europee). Questi aspetti nel loro insieme potrebbero rappresentare quell'elemento fondante di una rivoluzione culturale del nostro paese che si pone come obiettivo primario quello di diventare una realtà di eccellenza nell'ambito della conoscenza.

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